In Italia si mangia e beve bene ovunque, è vero. Ma nel QuartoPiemonte ogni piatto e bicchiere di vino raccontano storie e tradizioni dal gusto lontano e dal sapore unico.
In Italia si mangia e beve bene ovunque, è vero. Ma nel QuartoPiemonte ogni piatto e bicchiere di vino raccontano storie e tradizioni dal gusto lontano e dal sapore unico.
Pensiamo ad esempio al Montebore, uno curioso formaggio di latte crudo ovino e vaccino e a forma di torta nuziale che già aveva colpito Leonardo da Vinci. Al punto che, quando nel 1489 venne chiamato a far da cerimoniere al matrimonio tra Gian Galeazzo Sforza ed Isabella d’Aragona, decise di inserirlo come unico formaggio del banchetto di nozze.
La ricetta ha origini molto antiche e rischiò seriamente di essere dimenticata. Nel 1999 fortunatamente il presidio Slow Food ne rintracciò l’ultima depositaria e così si riprese la produzione, ancora oggi affidata alle mani di pochissimi e tenaci casari.
Una storia simile è quella raccontata dal nostro vitigno più conosciuto: il timorasso. Quest’uva, coltivata da secoli sulle colline del QuartoPiemonte, nel corso degli anni è stata gradualmente abbandonata a favore di altre varietà meno delicate e più produttive, arrivando quasi a scomparire. È stato solo il coraggio di Walter Massa, un vignaiolo da sempre in direzione ostinata e contraria, a permetterci di riscoprire questo vitigno da cui nasce un vino bianco dal carattere unico.
E oggi, dopo circa 35 anni dalla rinascita del Timorasso, la storia si ripete con il Muetto, un vitigno antico della Val Borbera da cui nasce un vino rosso semiaromatico, di cui sono rimasti solo pochi filari coltivati da un gruppetto di caparbi agricoltori. Recentemente il Muetto è stato protagonista di una raccolta fondi di successo che gli permetterà di essere iscritto al registro delle varietà viticole Piemontesi. Un bel traguardo, per un vino tutto da scoprire e di cui, siamo sicuri, sentirete parlare!
Un altro interessante percorso di riscatto è quello della fragola profumata di Tortona. Dalla polpa bianca e dal profumo intensissimo, questa specie unica ha rappresentato per diverso tempo la punta di diamante dell’economia del QuartoPiemonte. Nata più di un secolo fa dalla selezione tra le fragole selvatiche delle nostre colline, nel secondo dopoguerra corse il serio rischio di estinguersi. Il cemento conquistò i campi e la coltivazione di varietà meno fragili condannò la nostra fragola a sopravvivere quasi per caso negli orti privati.
Recentemente alcuni intrepidi agricoltori hanno ripreso a coltivarla, ma ancora oggi rimane un’assoluta rarità, che è possibile trovare solo per 2 settimane tra la fine di Maggio e l’inizio di Giugno. Giusto il tempo per un assaggio fugace, che vi lascerà la nostalgia di quel profumo e di quel sapore per un anno intero.
Tra le chicche del QuartoPiemonte non possiamo poi dimenticare il salame nobile del Giarolo, la ciliegia “Bella” di Garbagna, la pesca di Volpedo, la fagiolana della Val Borbera, i tartufi, la barbera e tutti gli altri vini rossi del territorio… vorremmo raccontarvele tutte, ma assaggiarle è un’altra storia!